Piéce teatrale, prodotta da “Le Muse Orfane Aps”, ispirata ad Angioletta delle Rive, scritta e diretta da Silvia Lorusso, con Viviana Piccolo e Francesco Cevaro, e la scenografia di Laura Trevisan.
Lo spettacolo teatrale si snoda sulla vicenda di Angioletta delle Rive, (Pordenone, ca. 1580 - Udine, 4 gennaio 1651) erbaria e guaritrice del Seicento, incarcerata dall’Inquisizione. A partire dal febbraio 1650 fu sottoposta a processo per stregoneria insieme alla figlia Giustina. L'inquisitore Giulio Missoni, il secondo più attivo in assoluto in Friuli, cercò di far confessare alla donna la sua colpevolezza. Più volte la donna ribadì con convinzione che l’attività di guaritrice nulla aveva a che fare con la stregoneria. Angioletta morì nelle carceri dell'Inquisizione di Udine il 4 gennaio 1651.
«Angioletta delle Rive – spiega la regista Silvia Lorusso – rappresenta l’alter ego al femminile del Menocchio, la sua vicenda si lega a quella di molte altre donne del suo tempo che esercitavano l’arte di guaritrici con l’uso delle erbe e di riti ancestrali legati alla cultura materiale contadina. Lo spettacolo immerge lo spettatore nella storia dell’epoca, fra credenze religiose e superstizioni, con al centro la figura di una donna ai margini della società del tempo. Angioletta abitava infatti in una casupola sulle rive del Noncello, alla Cason Fuora, ed ebbe una vita durissima, piena di stenti. Rimasta vedova, fece numerosi lavori per sopravvivere, dalla filatura della lana, alla tessitura delle reti da pesca, ai bozzolai, ma ciò che sapeva fare meglio era curare con le erbe e con gli unguenti attraverso pratiche dal retaggio antico, conoscenze che generazioni di donne si trasmettevano legate alla terra e alle fasi lunari, e che nel clima dominato dalla superstizione e dal fanatismo religioso, la resero bersaglio dell’Inquisizione».